sabato 11 giugno 2022

#StorieRomane: I pappagalli di Roma

Nella sezione “Storie Romane” ci piace spesso parlare delle leggende che circolano per le strade della Capitale. Ne abbiamo viste diverse, ma oggi vogliamo focalizzare l’attenzione su quella che possiamo considerare come la “più esotica”: la storia dei pappagalli a Roma.

I romani ormai ci hanno fatto l’abitudine, la convivenza è diventata una normalità, al pari dei gabbiani che invadono cieli, antenne e parapetti, o al pari dei piccioni di cui non si può fare a meno. Da qualche anno a questa parte per le strade della città non è strano notare ormai i cinghiali, ma ben prima di loro, sono giunti dei simpatici uccellini dal piumaggio di un verde sgargiante. Il loro cinguettare è talmente forte da attirare l’attenzione anche degli abitanti che ormai si dovrebbero essere abituati ad averli come vicini sugli alberi, ma come ci sono finiti?

Secondo la leggenda che praticamente tutti i romani conoscono, il tutto è cominciato con una coppia di parrocchetti che vivevano in una gabbia e che venivano accuditi da una signora anziana molto premurosa nei loro riguardi. Quando l’anziana donna non è più stata in grado di occuparsi di loro, prima di morire, ha aperto la gabbia e ha donato loro la libertà. Da quella coppia – quasi come dei moderni Adamo ed Eva – ha preso il via una dinastia che si è espansa per tutta Roma.

È facile poter distinguere i loro nidi: dato che questo tipo di pappagallino è molto socievole con  i suoi simili, tende a vivere insieme, tipo condominio. I nidi, quindi, diventano un grande groviglio di rami, aghi di pino e quanto più riescono a raccattare nelle zone limitrofe della loro “abitazione”. In realtà, ha spiegato la LIPU in diversi articoli, non sono parrocchetti nostrani, ma si tratta di due specie che vengono rispettivamente dal Sud America e dall’Africa: il monaco e il parrocchetto. Malgrado tra i romani ci sia la leggenda sopracitata, è molto improbabile che siano davvero volati via dalla gabbia di qualcuno e che si siano riprodotti a dismisura. È più probabile, infatti, che provengano da delle tratte di animali esotici.

Malgrado siano molto carini da vedere, in realtà questi pappagallini non sono degli inquilini così tanto amati dal resto della fauna: sembra, infatti, che sfruttino e sfrattino di conseguenza i picchi rossi dalle loro tane. Ma il problema è anche per i romani: come dicevamo, creano dei nidi enormi per la loro riproduzione, un vero e proprio condominio di pappagalli, ma li creano su dei rami che non sempre riescono a reggere il peso di certe nidiate, motivo per cui alcuni risultano instabili, con i relativi problemi di sicurezza che si innescano quando un ramo delle giuste dimensioni cade su una strada della Capitale.

Le temperature che abbiamo qui a Roma ne favoriscono la permanenza. Questi pappagallini sono in grado di resistere a temperature che arrivano anche a -5°, quindi qui si trovano completamente a loro agio. Certo, il problema è il loro impatto sugli altri volatili della città, ma non è un fenomeno controllabile. Non se ne può fare la mattanza, perché ormai sono molto amati nella Capitale. Ben peggio sarebbe se iniziassero a diffondersi nelle campagne circostanti, ma per il momento è possibile trovarli nelle aree verdi di Roma. Da Villa Borghese a Villa Ada, dalla Riserva naturale dell’Insugherata al Parco della Caffarella, non è strano trovarli anche in altre zone della città, immersa nel verde, come il quartiere EUR.

Simpatici, belli da vedere e fotografare, i romani si sono ormai abituati alla loro presenza. Strappano un sorriso a tutti, colorano ancora più di verde la città e non hanno il comportamento “arrogante” dei gabbiani. Bene o male, ci siamo abituati alla loro presenza, anche gli alberi intorno alle case di tutte e quattro le Muse hanno almeno una nidiata di questi pappagallini. Tutti contenti di averli intorno, insomma, forse solo il picchio rosso non è dello stesso avviso.

 

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